[ Mar 18, 15:54 ] johnny-blade: CuCúuuu!!
[ Mar 16, 15:16 ] admin: ciao a tutti, passavo di QUI!!!
[ Feb 03, 21:05 ] 104.5:
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INCIPIT...
giulio
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esagero, 2!
ma sto leggendo molto in questo periodo

Avevo la pasta sul fuoco in cucina, quando squillò il telefono. Alla radio davano la Gazza ladra di Rossini, il sottofondo musicale ideale per prepararsi un piatto di spaghetti, e io l'accompagnavo fischiando. Fui tentato di non rispondere, gli spaghetti erano quasi cotti, e Claudio Abbado stava giusto per portare l'orchestra filarmonica di Londra all'apice dell'intensità drammatica. Pazienza, mi rassegnai ad abbassare il fuoco, andai nel soggiorno e sollevai il ricevitore. Poteva anche essere un conoscente con qualche nuova proposta di lavoro.

Questo era l'incipit de L'uccello che girava le viti del mondo di Haruki Murakami


Nella primavera del suo ventiduesimo anno, Sumire si innamorò per la prima volta nella vita. Fu un amore travolgente come un tornado che avanza inarrestabile su una grande pianura. Spazzò via ogni cosa, trascinando in un vortice, lacerando e facendo a pezzi tutto ciò che trovò sulla sua strada, e dietro non si lasciò nulla. Poi, senza aver perso nemmeno un grado della sua forza, attraversò il Pacifico, distrusse senza pietà Angkor Wat e incendiò una foresta indiana con le sue sfortunate tigri. In Persia si trasformò in una tempesta del deserto e seppellì sotto la sabbia un'esotica città-fortezza. Fu un amore straordinario, epocale. La persona di cui Sumire si era innamorata aveva diciassette anni più di lei ed era sposata. E come se non bastasse, era una donna. È da qui che tutto cominciò, ed è qui che tutto (o quasi) finì.

Questo era l'incipit de La ragazza dello Sputnik di Haruki Murakami



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stealthisnick
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Life's but a walking shadow
visto che ci sono ne propongo un altro anch'io

Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del
giorno, il Duca d'Auge salì in cima al torrione del suo castello per
considerare un momentino la situazione storica. La trovò poco chiara.
Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e là. Sulle
rive del vicino rivo erano accampati un Unno o due; poco distante un
Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi nella fresca
corrente. Si disegnavano all'orizzonte le sagome sfatte di qualche
diritto Romano, gran Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I
Normanni bevevan calvadòs.

Il Duca d'Auge sospirò pur senza interrompere l'attento esame di quei fenomeni consunti.


Gli Unni cucinavano bistecche alla tartara, i Gaulois fumavano gitanes,
i Romani disegnavano greche, i Francesi suonavano lire, i Saracineschi
chiudevano persiane. I Normanni bevevano calvadòs.

- Tutta questa storia, - disse il Duca d'Auge al Duca d'Auge, -
tutta questa storia per un po' di giochi di parole, per un po'
d'anacronismi: una miseria. Non si troverà mai una via d'uscita?




incipit de "I fiori blu" di Raymond Queneau

en français

Le vingt-cinq septembre douze cent
soixante-quatre, au petit jour, le duc d'Auge se pointa sur le sommet
du donjon de son château pour y considérer, un tantinet soit peu, la
situation historique. Elle était plutôt floue. Des restes du passé
traînaient encore çà et là, en vrac. Sur les bords du ru voisin,
campaient deux Huns; non loin d'eux un Gaulois, Éduen peut-être,
trempait audacieusement ses pieds dans l'eau courante et fraîche. Sur
l'horizon se dessinaient les silhouettes molles de Romains fatigués, de
Sarrasins de Corinthe, de Francs anciens, d'Alains seuls. Quelques
Normands buvaient du calva.

Le duc d'Auge soupira mais n'en continua pas moins d'examiner attentivement ces phénomènes usés.
Les Huns préparaient des stèques
tartares, le Gaulois fumait une gitane, les Romains dessinaient des
grecques, les Sarrasins fauchaient de l'avoine, les Francs cherchaient
des sols et les Alains regardaient cinq Ossètes. Les Normands buvaient
du calva.

- Tant d'histoire, dit le duc d'Auge au
duc d'Auge, tant d'histoire pour quelques calembours, pour quelques
anachronismes. Je trouve cela misérable. On n'en sortira donc jamais ?



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pysahmk
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Nel tardo autunno di quell'anno 1938 mi trovavo in piena crisi di misantropia. Risiedevo a Torino e la "tota" n.1, frugando nelle mie tasche alla ricerca di un qualche biglietto da cinquanta lire, aveva, mentre dormivo, scoperto anche una letterina della "tota" n.2 che pur attraverso scorrettezze ortografiche non lasciava dubbi circa la natura delle nostre relazioni.
Il mio risveglio era stato immediato e burrascoso.........

incipit di la sirena, di giuseppe tomasi di lampedusa in i racconti, ed. la feltrinelli.

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civa72
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Ci sono molti quadri enigmatici di cui ho sempre voluto conoscere il vero significato, ma ce n'è uno, L'Urlo, del pittore norvegese Edvard Munch, il cui orrore ha paralizzato qualunque desiderio di indagare. Ora so cosa urla quel viso stravolto da un'espressione che riunusce tutto l'umano terrore, l'umana paura, l'umano abbandono. Urla: "MALEDETTE LE GUERRE E LE CANAGLIE CHE LE FANNO"

Luis Sepùlveda, Una sporca Storia

Edited by civa72 : August 29, 2008, 8:26 pm

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giulio
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Chiudi gli occhi e fissa il vuoto.
Il consiglio di mio padre quando non riuscivo a dormire da piccola. Ora non vorrebbe che lo facessi, ma ho deciso di provarci lo stesso. Fisso quell’incommensurabile oscurità che si estende ben oltre le mie palpebre chiuse. Benché sia sdraiata a terra immobile ho la sensazione di essere appollaiata su un punto altissimo, mentre afferro una stella nel cielo notturno con le gambe che penzolano sopra un freddo e nero nulla. Do un ultimo sguardo alle mie dita strette attorno alla luce e poi lascio andare. Vado giù, precipito, fluttuo e di nuovo precipito, aspettando di atterrare nella terra promessa.

Come quando ero una bambina che lottava contro il sonno, anche adesso so che dietro la sottile barriera delle mie palpebre abbassate ci sono i colori. Mi deridono, mi sfidano ad aprire gli occhi e perdere il sonno. Bagliori di rosso e ambra, giallo e bianco punteggiano l’oscurità. Mi rifiuto di aprirli. Mi ribello e strizzo le palpebre più forte per bloccare i granelli di luce, semplici distrazioni che ci tengono svegli, ma anche il segno che oltre c’è vita.

In me però non c’è vita. Non ne sento alcuna dal punto in cui sono sdraiata, in fondo alla rampa di scale. Ora il mio cuore batte più forte, l’unico combattente rimasto in piedi sul ring, un guantone che pompa vittoriosamente in aria rifiutando di arrendersi. È l’unica parte di me a cui importi qualche cosa, l’unica a cui sia mai importato. Lotta per spingere il sangue in circolo nel tentativo di curarmi, di rimpiazzare quello che sto perdendo, che però abbandona il mio corpo con la stessa velocità con cui viene immesso, formando un profondo oceano nero attorno a me proprio dove sono caduta.
Corre via, via, via. Siamo sempre di corsa. Il tempo non ci basta mai qui, ci affanniamo continuamente per arrivare là. Saremmo dovuti andare via di qui cinque minuti fa, dovremmo essere là già adesso. Il telefono squilla di nuovo e ne riconosco l’ironia. Avrei potuto prendermi il tempo che serviva e rispondere adesso.
Adesso, non allora.

[i]Questo era l'incipit di Grazie dei ricordi di Cecelia Ahern



Edited by giulio : August 30, 2008, 11:20 am

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cornalcielo
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"Nel marzo del 1933,la California del sud all'improvviso prese a ballare al ritmo di un rock and roll che risuonava dal ventre della terra. I soprammobili danzarono sulle mensole dei caminetti prima di schiantarsi a terra. Le finestre andarono in frantumi e precipitarono a cascata sui marciapiedi. Le case di canniccio intonacato scricchilarono accartocciandosi, prima su un lato e poi sull'altro, come scatole di fiammiferi. Gli edifici di mattoni restarono in piedi finchè non furono sopraffatti dalle vibrazioni, e poi rovinarono al suolo sparendo in cumuli di calcinacci e nuvole di polvere. Il Long Beach Civic Auditorium crollò, e in molti restarono uccisi. In seguito mi raccontarono che ero stato concepito nel momento preciso in cui la terra aveva tremato"


questo è L'incipit di " Educazione di una canaglia" di Edward Bunker


Bel topic... è come se avessi passato un'oretta dalla Feltrinelli!


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...
Foyle scrutò il vecchio, fece un passo verso lui e poi si fermò, a pugni chiusi. Nel crescere dell'ira, il suo pomo d'Adamo cominciò ad andare su e giù. E Jisbella, guardando Foyle, urlò d'orrore, perché sul suo viso era tornato l'antico tatuaggio, rosso sangue sul candore della pelle, scarlatto invece che nero: una vera maschera da tigre nel disegno e nel colore.
- Gully! -urlò lei. - Mio Dio! La tua faccia!
Foyle la ignorò e continuò a fissare Joseph, mentre il vecchio faceva gesti imploranti, li invitava a entrare all'interno dell'asteroide. Poi scomparve. Solo a quel punto Foyle si girò verso Jisbella e chiese: - Cosa? Cosa hai detto?

questo è l'incipit de La tigre della notte di Alfred Bester

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laurage
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"life is a journey, not a destination"
Per iniziare il mio viaggio, che compio da solo, sono arrivato con la nave a Istambul. In questi giorni, ai primi di luglio, c'è molto caldo e la grande metropoli mi appare più soffocante e implacabile di altre volte. C'è anche quì, ma in forme più rozze e peggiori , quell'ansia degli uomini d'oggi di inseguire il tempo, il danaro; un'ansia produttiva come nelle citàà europee.

questo era l'incipit di Viaggio a Samarcanda di Eugenio Turri
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aissela
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"Succedeva sempre che a un certo punto alzava la testa....e la vedeva. E' una cosa difficile da capire. Voglio dire...Ci stavamo in piu' di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi....Eppure c'era sempre uno, uno solo, uno che per primo....la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte....magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni...alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare... e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov'era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava -piano e lentamente-: l'America."

Novecento- A. Baricco

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"anche nella stupidita' ci vuole un po' di fantasia" G.L.Ferretti
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civa72
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L'imputato aveva il labbro spaccato, gli occhi pesti, il naso rotto e gonfio con due tamponi emostatici che spuntavano dalle narici e lo costringevano a respirare con la bocca. I due agenti della polizia penitenziaria che lo sorreggevano dovettero aiutarlo a sedersi. Era conciato male. Il giudice, seccato, guardò l'avvocato per cercare di capire se avrebbe tentato di rinviare l'interrogatorio. L'altro lo rassicurò alzando le spalle. Il suo cliente aveva ben altri problemi a cui pensare. Il giudice, sollevato, dettò al cancelliere le generalità dei presenti e chiese all'imputato se intendeva sottoporsi all'interrogatorio. R.B. si voltò verso il difensore che lo incoraggiò con un plateale cenno della mano. "Si" rispose a fatica...

Questo era l'incipit de: L'Oscura Immensità Della Morte di Massimo Carlotto

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"Quando avevo sei anni, in un libro sulle foreste primordiali lessi che i boa ingoiano la loro preda tutta intera, senza masticarla. Dopo di che non riescono più a muoversi e dormono durante i sei mesi che la digestione richiede. Meditai a lungo sulle avventure della jungla. E tracciai il mio primo disegno. Il mio disegno numero uno... Mostrai il mio capolavoro alle persone grandi, domandando se il disegno le spaventava. Ma mi risposero: Spaventare. Perché mai uno dovrebbe essere spaventato da un cappello?"

Il piccolo principe - Antoine de Saint-Exupéry

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Francesco
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" Si sa, capita a tanta gente, ma non si pensa mai che potrebbe capitare a noi. Questo era sempre stato anche il mio atteggiamento. così, quando capitò a me, ero impreparato come tutti e in un primo momento fu come se davvero succedesse a qualcun altro. - Signor Terzani, lei ha il cancro - , disse il medico, ma era come non parlasse a me, tanto è vero (e me ne accorsi subito, meravigliandomi) che non mi disperai, non mi commossi: come se in fondo la cosa non mi riguardasse. Forse quella prima indifferenza fu solo un'istintiva forma di difesa, un modo per mantenere un contegno, per prendere le distanze, ma mi aiutò. Riuscire a guardarsi con gli occhi di un sé fuori da un sé serve sempre. Ed è un esercizio, questo, che si può imparare."

Questo è l'incipit di " Un altro giro di giostra " di Tiziano Terzani

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civa72 (September 6, 2008, 4:42 pm)

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fran
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"Conservo tutto del mio amore. Tranne i piedi, che non sono entrati nella cassapanca"
Gormenghast,ovvero l'agglomerato centrale della costruzione originaria, avrebbe esibito, preso in se', una certa qual massiccia corposita' architettonica, se fosse stato possibile ignorare il nugolo di abitazioni miserande che pullulavano lungo il circuito esterno delle mura inerpicandosi su per il pendio, semiaddossate le une alle altre, fino alle bicocche piu' interne che, trattenute dal terrapieno del castello, si puntellavano alle grandi mura aderendovi come patelle a uno scoglio. Questa fredda intimita' con la mole incombente della fortezza era concessa alle abitazioni da leggi antichissime. Sui tetti irregolari cadeva, col variare delle stagioni, l'ombra dei contrafforti smangiati dal tempo, delle torrette smozzicate o eccelse e, enorme fra tutte, l'ombra del Torrione delle Selci che, pezzato qua e la' di edera nera, sorgeva dai pugni di pietrame nocchiuto come un dito mutilato, puntando come una bestemmia verso il cielo.

questo era l'incipit di "Tito di Gormenghast" di Mervyn Peake
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civa72
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"Ventiquattro schiavi mori spingevano remando la sfarzosa galera che doveva portare il principe Amgiad al palazzo del califfo. Ma il principe, avvolto nel suo mantello di porpora, se ne stava solo, sdraiato in coperta, sotto l'azzurro cupo del cielo notturno disseminato di stelle e il suo sguardo..."
La piccola aveva letto fin lì ad alta voce; ora, quasi all'improvviso, le si chiusero gli occhi. I genitori si guardarono sorridendo...

Incipit di "Doppio Sogno" di Arthur Schnitzler

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laurage
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"life is a journey, not a destination"
Tutti lo credevano morto. Nel 1988, quando pubblicai il libro sui suoi film, di hector Mann non si avevano più notizie da quasi sessant'anni. Salvo un pugno di storici e patiti del cinema di un tempo, pochi sembravano anche solo al corrente che fosse esistito. Doppio o niente, l'ultima delle dodici comiche realizzate da Mann sullo scorcio finale del periodo del muto, apparve in sala il 23 novembre 1928. Due mesi dopo, senza aver salutato nemmeno uno dei suoi amici e compagni di lavoro, senza aver lasciato una lettera o informato chicchessia dei suoi progetti, uscì dalla sua casa di North Orange Drive e non fu mai più visto.

questo era l'incipit di "Il libro delle illusioni" di Paul Auster
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